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MONTE SAN GIORGIO

icona patrimonio sito UNESCO
PATRIMONIO NATURALE, TRANSNAZIONALE
DOSSIER UNESCO: 1090
CITTÀ DI ASSEGNAZIONE: BRASILIA, BRASILE
ANNO DI ASSEGNAZIONE: 2003/2010
MOTIVAZIONE: Studiata sin dal XIX secolo, la sequenza fossilifera del Monte San Giorgio è una delle migliori testimonianze della diversità della vita marina durante il Triassico Medio (245-230 milioni di anni fa), quando l’area ricadeva in una laguna tropicale vicina alle terre emerse e separata dal mare aperto.

“Quello che vedi sotto è il lago di Lugano, quello di là è
il passo di San Primo, quelle in alto sono le bandiere al
posto di confine, vedi la croce bianca che sventola?”

Ombre sul lago, Cocco & Magella

Sorge a cavallo tra Italia e Svizzera la piramide boscosa del Monte San Giorgio, che con i suoi 1097 m di altezza domina le sponde meridionali del Ceresio, il Lago di Lugano. La porzione italiana del sito è stata aggiunta a quella svizzera, iscritta nella Lista dei Siti UNESCO del Patrimonio dell’Umanità nel 2003, andando a comprendere con quest’ultima l’intero affioramento di rocce fossilifere risalenti al Triassico Medio (245-230 milioni di anni fa). Occorre un certo sforzo di immaginazione per risalire a ritroso il corso del tempo e ritrovarsi catapultati in un mondo che non potrebbe sembrare più lontano dai panorami che si possono ammirare oggi.

Questo scenario prealpino e lacustre era una calda laguna tropicale di acque basse e calme, punteggiate da isolotti, vulcani e banchi di sabbia fine. A separarla dal mare aperto, c’era una barriera corallina brulicante di vita: crostacei, molluschi, echinodermi, una miriade di pesci e soprattutto rettili, che rappresentano la componente più spettacolare della fauna del sito. A breve distanza, le terre emerse erano tappezzate di foreste lussureggianti, dominate da antiche conifere e ciclicamente spazzate da potenti venti monsonici.

Dopo la loro morte, i resti degli organismi andarono incontro a quei processi di deposizione, ricoprimento e mineralizzazione che hanno permesso la loro conservazione fino a oggi sotto forma di fossili. Nei milioni di anni a seguire, le impressionanti forze orogenetiche hanno poco a poco sollevato quegli antichi fondali, portandoli a costituire i rilievi alpini e prealpini.

DA NON PERDERE

“Contini uscì sul pontile e si sedette a gambe incrociate davanti al lago che, nell’oscurità incombente del pomeriggio, avvolto dalla nebbia, pareva l’estremo lembo di una palude, nel cuore di una terra selvaggia.”

L’immagine evocata da Andrea Fazioli ne L’arte del fallimento si ripropone vivida nello sprofondare del Monte San Giorgio verso le acque del Ceresio. Questo paesaggio naturalistico e culturale di raro fascino scaturisce da un cortocircuito temporale, che fa convivere il passato più remoto con la storia del Novecento e invita all’esplorazione.
Google Maps
L’itinerario ideale inizia dal villaggio di
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Porto Ceresio, dove potete passeggiare sul pittoresco lungolago tra una pausa di relax e un’incursione nelle ombre dei vicoli storici. A breve distanza dal centro, partono i sentieri boscosi che in un paio d’ore salgono al
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Monte San Giorgio, in territorio elvetico. Dalla cima si aprono splendidi panorami a 360° sul lago e sul vicino Monte Generoso. Di nuovo in Italia, immediatamente a sud di Porto Ceresio, si trova
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Besano. Il suo museo dei fossili è il posto migliore per comprendere la rilevanza scientifica del sito UNESCO. Espone infatti diversi esemplari originali, calchi, ricostruzioni virtuali e modelli della fauna fossile, tra cui il più grande vertebrato rinvenuto nel sito, l’ittiosauro battezzato proprio con il nome del paese: Besanosaurus leptorinchus. Nella poco distante
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Clivio, al Museo di Storia Naturale di Clivio e Induno Olona, si può ampliare lo sguardo all’intera complessità naturalistica del territorio ammirando diversi altri reperti fossili provenienti dal sito, inclusi sei esemplari di Lariosaurus valceresii. Una delle tracce più toccanti che la modernità ha lasciato sul territorio è costituita dai resti della cosiddetta ‘Linea Cadorna’, il sistema di fortificazioni a presidio del confine tra Italia e Svizzera realizzato durante la Grande Guerra. Particolarmente impressionanti sono i possenti forti in caverna del Monte Orsa e del Monte Pravello, che si possono esplorare camminando sul sentiero che parte da
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Viggiù. La cittadina ospita tra l’altro il Museo Gipsoteca Butti, dedicato all’opera del maestro Enrico Butti, e il Museo dei Picasass, intitolato alla plurisecolare tradizione di cavatura e lavorazione della pietra, segno di quanto, da sempre, sia profonda e inestricabile la relazione tra l’uomo e la storia geologica del territorio. Potete infine tornare a parlare la lingua del passato remoto sconfinando nella verdeggiante conca boscosa dove sorge il borgo di
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Meride, in Canton Ticino. Oltre al centro storico ben conservato, visitate il ricco Museo dei Fossili, che vi consentirà, quasi letteralmente, di tuffarvi nel tripudio di forme di vita dei caldi mari del Triassico.

“Soffiava sul lago una breva fredda,
infuriata di voler cacciar le nubi grigie,
pesanti sui cocuzzoli scuri delle montagne.
[…] Le onde stramazzavano tuonando sulla
riva, sconquassavan le barche incatenate,
mostravano qua e là, sino all’opposta sponda
austera del Doi, un lingueggiar di spume
bianche. Ma giù a ponente, in fondo al lago, si
vedeva un chiaro, un principio di calma, una
stanchezza della breva; e dietro al cupo monte
di Caprino usciva il primo fumo di pioggia.”

Piccolo mondo antico, Antonio Fogazzaro

È con questa immagine di incombente dramma meteorologico che si apre quello che è considerato il capolavoro di Antonio Fogazzaro, ambientato nel paese di Valsolda, all’estremità settentrionale del Lago di Lugano. L’erompere della tempesta sulle tranquille sponde del Ceresio è quasi un’eco paesaggistica del momento storico, quello tra i moti del 1848 e la vigilia della Seconda Guerra di Indipendenza, che fa da sfondo alla vicenda umana del giovane Franco Maironi, patriota di idee liberali protagonista del romanzo. Nel borgo di Oria l’autore passò diversi anni, abitando a Villa Fogazzaro Roi.

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PER I PIÙ GIOVANI

“IN POCHISSIMI, A QUELL’EPOCA, SAPEVANO CHE SI TRATTAVA DI FOSSILI E, TRA I POCHISSIMI, ERANO ANCORA MENO QUELLI CHE ACCETTAVANO COME POSSIBILE L’IDEA CHE PARTI DI ANIMALI SCONOSCIUTI FOSSERO ARRIVATE, PIETRIFICATE, FINO A NOI.”
attività per bambini del sito UNESCO nr. 45
Ispirato dalle parole che Annalisa Strada fa pronunciare a Mary Anning, la più grande cacciatrice di fossili dell’Ottocento, questo viaggio nella preistoria è una carrellata delle specie fossili più curiose che si possono ammirare nei musei del sito UNESCO. Sarà prima necessario un po’ di ambientamento. Al posto del Monte San Giorgio, 240 milioni di anni fa c’era infatti un mare tropicale punteggiato di isolotti lussureggianti e banchi di sabbia, simili alle Maldive. Un tripudio di forme di vita si muoveva tra le acque turchesi: pesci, molluschi, crostacei e numerose specie di rettili bizzarri, ma perfettamente adattati a questo ambiente. Il primo, più grande e più famoso era il
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Besanosaurus, membro del gruppo degli ittiosauri che viveva cacciando i pesci e le ammoniti di cui erano ricchi questi mari. Non lasciatevi ingannare dalla sua forma: nonostante la somiglianza con gli odierni delfini, è discendente di antichi rettili terrestri che si sono evoluti adattandosi all’ambiente acquatico. Lungo circa 3 m e con i caratteristi arti a forma di pagaia, il
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Ceresiosaurus era un altro rettile molto comune in questa fauna; il suo nome deriva da quello dell’odierno Lago di Lugano. Con la piccola bocca irta di denti aguzzi e il collo rigido, la cui lunghezza oltrepassava quella del resto del corpo, il
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Tanystropheus era l’abitante più bizzarro di questo mondo sottomarino. Simile a una grande iguana marina era invece il
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Paraplacodus, che con i movimenti sinuosi della lunga coda si spostava alla ricerca di crostacei e molluschi, le cui corazze e conchiglie era in grado di frantumare grazie alla dentatura posteriore piatta e robusta. Abitante delle terre emerse dominate da imponenti foreste di conifere preistoriche era anche il
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Ticinosuchus, il più grande predatore terrestre di queste zone. Con una lunghezza superiore ai 2 m, questo cugino di coccodrilli e dinosauri era dotato di una formidabile dentatura da carnivoro e di lunghe zampe che gli consentivano di correre velocemente; inoltre, era protetto da una doppia fila di placche ossee che correvano lungo il dorso e che gli donavano un aspetto ancor più minaccioso. Circa 50 specie di pesci sono poi emerse dagli scavi; una tra le più interessanti era il
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Saurichthys, che per l’aspetto e le abitudini predatorie potremmo paragonare agli odierni barracuda. Tra gli invertebrati, diffusissimi erano i molluschi cefalopodi del gruppo delle
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ammoniti, facilmente riconoscibili per la conchiglia a spirale da cui fuoriusciva una testa irta di tentacoli, simile a quella degli odierni nautilus.
sito UNESCO nr. 45 in Italia
CONSIGLI DI LETTURA

Suggerimenti di lettura per conoscere il Lago di Lugano.

  • Piccolo mondo antico, Antonio Fogazzaro (1895). Considerato il capolavoro di Antonio Fogazzaro, il romanzo segue la storia d’amore contrastata tra Franco Maironi e Luisa Rigey, due giovani separati dall’abisso del censo sociale, sullo sfondo della lotta per l’indipendenza italiana dal dominio austriaco.
  • Chi muore si rivede, Andrea Fazioli (2005). Le indagini straordinarie di un investigatore ordinario al suo primo caso, in quel piccolo mondo in bilico tra Svizzera e Lombardia che è il Ceresio. Gli ingredienti per incollare il lettore alle pagine ci sono tutti: un gioiello misterioso, i segreti ben custoditi di una famiglia e uno spietato killer che non sembra lasciare nulla al caso, prima che una serie ben assestata di colpi di scena facciano deragliare la trama verso un’incredibile soluzione.
  • Ombre sul lago, Cocco & Magella (2013). Tra il Lago di Como e quello di Lugano, nelle montagne della Val d’Intelvi, affiorano i resti di un uomo misterioso. Che cosa celano? Tra giallo classico, epopea familiare e intrigo internazionale, il commissario Stefania Valenti affronterà il passato di queste montagne, diventate l’oscuro crocevia dei destini del paese al finire della guerra.
  • L’arte del fallimento, Andrea Fazioli (2014). L’investigatore privato Elia Contini affila le sue armi deduttive, tra un acuto disincanto e una profonda comprensione dell’animo umano. In questo caso che sembra farsi più intricato a ogni curva sul lungolago, si confronterà con i limiti e gli errori di un uomo pronto a inseguire il suo sogno, prima che l’ombra del fallimento, e quella della mano di un folle assassino, si allunghi sulla sua vita.
  • I casi del maresciallo Ernesto Maccadò, Andrea Vitali (2018-2024). Vitali è cantore di atmosfere lacustri: quelle del gemello del Ceresio, un Lario che infonde della stessa bruma il carattere di chi lo abita. Con tutto il profumo dell’Italia che fu, la fortunata serie dedicata al maresciallo Maccadò, calabrese trapiantato a Bellano, inizia con il romanzo Nome d’arte Doris Brilli.
  • Che cosa resta, Antonello Breggia (2022). Le prealpi varesine, il clima uggioso di novembre, la gita a un rifugio di una comitiva di adolescenti: nessuno dei protagonisti immagina che la propria vita sta per essere sconvolta per sempre. L’autore fiuta la pista del romanzo di formazione, per inseguire le vite dei giovani fino al termine dell’età adulta, in un paese che, come le loro esistenze, sembra avviarsi verso un inesorabile tramonto.

Per ragazzi:

  • La cacciatrice di fossili. Mary Anning si racconta, Annalisa Strada (2019). Racconto straordinario di una giovane donna alla conquista di un posto nella scienza nell’Inghilterra dell’Ottocento: la lotta contro le convenzioni sociali, le avventure sulle scogliere e, soprattutto, la passione per la paleontologia, che la porterà a scoprire, per prima, i resti fossili entrati nell’immaginario.
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